Pare che Malraux avesse smentito di avere detto il XXI secolo sarà religioso o non sarà. La frase è di effetto comunque e vale la pena di parafrasarla su un concetto più terreno e pratico: l’editoria digitale sarà mobile o non sarà.
È recente un articolo sul tema da parte di Frédéric Filloux su Monday Note, sull’onda anomala del mobile. Nel quale si citano gli andamenti percentuali 2012 dei fatturati pubblicitari negli Stati Uniti. Televisione in calo, stampa in calo, Internet in crescita, variazioni inferiori al dieci percento. Mobile: più ventinove percento.
Interessante che sul web i fatturati crescano molto meno velocemente delle visite e ancora meno rispetto alle pagine visionate. Le persone connesse lo sono sempre più lontano da una scrivania e a quanto pare, nel momento presente, comunicare con loro può avere risvolti commerciali. Sembra tutto lontano dall’editoria libraria, fino a quando non ci si imbatte in questa frase:
Gli editori non hanno altra scelta che seguire i propri lettori.
Anche e soprattutto in un mondo mobile che si annuncia sempre più complesso e articolato:
Entro fine anno l’ecosistema iOS, finora il più semplice da trattare, avrà almeno cinque diverse dimensioni di schermo, che diventano decine su Android. Oltre al danno la beffa: le app mobile non permettono i cookie e quindi il tracciamento dei visitatori, i quali tendono a spostarsi erraticamente da un apparecchio all’altro, complicando ancor più il tracciamento…
Se parlare di tracciamenti e pubblicità pare poco poetico, è pur vero che il futuro editore (librario o meno) dovrà avere le capacità tecnologiche e culturali di stabilire un rapporto con i lettori e farlo direttamente; delegare l’interazione alle librerie (e perfino ai siti) funzionerà sempre meno. Occorre una modernizzazione intensa e profonda di processi, figure professionali, strategie, tempi di reazione.
E l’editore dovrà mobilitarsi. Nel senso di capire e cavalcare l’onda anomala mobile. Scendere in piazza a contestare il cambiamento, se mai fosse stato utile, oggi suona lento, che è diventato peggio di inane.